Mi permetto di scriverLe in una maniera totalmente differente dal solito. È innegabile che il Suo e quello della Sua redazione sia un impareggiabile lavoro anche di custodia delle tradizioni. Il mettere su carta e/o su web ogni settimana l’attualità dei nostri paesi (piccoli o grandi che siano), il bello che emerge dalle periferie della Grande Milano fatto di uomini e donne che si impegnano nel Terzo Settore, nella politica locale e nella quotidiana laboriosità è grande lavoro di testimonianza del tessuto sociale del Rhodense e delle sue tradizioni.
Tradizioni che spesso, a parole, vogliamo difendere ma poi per negligenza o come nell’ultimo caso a Settimo Milanese per un’interpretazione cavillosa della legge regionale da parte dell’Amministrazione comunale.
Nel mentre nei Comuni circostanti si ardeva in compagnia (Cornaredo, Cusago e Bareggio per citarne alcuni) Settimo dava il diniego a contadini e associazioni. Ma cos’è oggi un falò? Venendo meno le esistenze contadine è innegabile che i falò della tradizione (per noi Sant’Antonio o la festa della Giöbia nell’Alto Milanese) siano di grande importanza per “fare comunità”. In città sempre più sole sono pochi i momenti in cui riusciamo ad emozionarci e stare insieme con poco: una serata fredda, una catasta che arde e per i più grandi anche un bicchiere di vin brûlé. Una tradizione che ci viene in eredità dalla notte dei tempi, già dai tempi dei nostri antenati pagani.
Ora, perso il suo rituale propiziatorio, il falò è “solo” un momento di Comunità. Sì, Comunità: una parola con cui noi uomini e donne impegnate in politica spesso ci riempiamo la bocca ma poi cosa facciamo veramente per tenere vive e coese le nostre Comunità? Non amo, come frequentemente accade nello stucchevole dibattito politico, utilizzare le tradizioni come argomento di ring politico o peggio ancora come “clava” contro l’avversario. Succede ogni anno per il Presepe e quest’anno la solita polemica ha pure messo in secondo piano i mille anni del Presepe di Greccio ad opera di San Francesco e magnificamente raffigurato da Giotto.
Ecco, forse come politica dovremmo smettere di “usare” a scopi meramente elettorali “le tradizioni” e iniziare un percorso a vera difesa. Non per noi, ma per le future generazioni. Per ridare importanza a quei momenti di comunità dove stare insieme e far vivere ai più giovani la bellezza dello stare insieme anche con poco. È (sempre più ‘era’) il bello della provincia: un calendario scandito da eventi della tradizione (il falò di Sant’Antonio, la festa della polizia con San Sebastiano, i dolci di Sant’Apollonia e poi Carnevale per citare alcuni). Momenti di Comunità, come ricordava pochi giorni fa un cittadino di Vighignolo sui social. Ricordava la bellezza della festa di San Sebastiano sino agli anni 50 del secolo scorso in quel di Vighignolo. Ora, purtroppo, quello che rimane è solo un senso di vuoto e di nostalgia. A noi politici il compito di cancellarlo e di riscoprire quanto di bello ci hanno lasciato in eredità i nostri antenati.